La libertà come stile di vita dei bambini o dei genitori? Tecniche per educare i bambini

Punti di riferimento

Se ci mettessimo ad osservare la vita di nostro figlio per un tempo abbastanza lungo noteremmo che la sua giornata è piena di impegni di gioco, di routine, abitudini, cartoni che guarda volentieri e compagnetti con cui gioca più spesso.
Noteremmo come queste “piccole” persone vogliano vivere la loro vita facendo le loro scelte. Anche se sembrerebbe che i bambini siano felici ogni volta che hanno la libertà di fare quello che vogliono, in realtà come tutti gli esseri umani hanno bisogno di limiti, di confini ben precisi entro cui muoversi, hanno bisogno di trovare in noi quel punto di riferimento fermo, necessario ai processi di crescita.

La libertà nella vita di tutti i giorni

Ricordo come all’Università un Docente di Filosofia Estetica ci diede come monografico da approfondire un libro intitolato “La Libertà come stile di vita” di Tom Hodkginson il quale scriveva frasi come: – “Per trovare il nostro dono, la nostra vocazione, bisogna non fare nulla, più a lungo possibile.” Oppure: – “Meglio non usare la luce elettrica, se usiamo le candele si vede anche meno che la casa è sporca e quindi dobbiamo impiegare meno tempo a pulire”.

Capite bene l’assurdità delle provocazioni di questo autore?! In realtà stava ironicamente facendoci riflettere su cosa diventeremmo in un istante abbandonando il concetto di dovere, di regole, di appartenenza abbracciando un relativismo egocentrico ed amorale inneggiando alla libertà non come ideale ma nella realtà, come stile di vita.

Tutti noi ci muoviamo all’interno di regole e limiti imposti prima dalla famiglia, poi dal gruppo dei pari e quindi dalla società ed autoimposti dall’esperienza. Ed è giusto che sia così. Senza regole ci sarebbe il caos, creativo certo, ma anche distruttivo, senza inizio né fine come la “Maratonda” di “Alice nel Paese delle Meraviglie” di L. Carroll.

Un’asimmetria necessaria

Bisogna individuare lo spazio educativo e all’interno di esso mettersi completamente a disposizione dei bambini e dei loro processi di crescita. Bisogna imparare a dire i giusti “No” ai bambini per aiutarli a crescere.
Per prima cosa bisogna ribadire che l’educazione ha come principio un’asimmetria tra chi sta educando e chi viene educato. E’ una gerarchia naturale.

Ogni volta che si alza la voce, si ripete più volte la stessa cosa, si pongono limiti fisici come sgabelli alti, cancelletti, si sceglie per loro cosa fargli mangiare etc…., si sta facendo semplicemente questo: si sta ristabilendo una gerarchia naturale tra i genitori e il bambino. State affermando il principio che voi siete i genitori e voi sapete cosa è meglio per vostro figlio. Entro certi limiti è giusto che sia così, ma andiamo con ordine…

No alla violenza fisica

Molte mamme non nascondono di aver usato anche le mani per correggere una condotta a loro sgradita magari con una scoppola sul culetto del bimbo quando il capriccio o le sue azioni diventano insostenibili.
È stato dimostrato che praticare violenza sul bambino non fa altro che insegnargli ad usarla con gli altri. È il meccanismo che fa di una vittima di bullismo il prossimo bullo. Quindi NO all’utilizzo delle mani per colpire i bimbi, NO agli scuotimenti, NO alle grida vicino alle orecchie. Oltre che essere pratiche sbagliate, alla lunga non funzionano!

Quindi come comportarsi quando vogliamo rimproverare i nostri bimbi?
Abbiamo diverse tecniche, alcune preventive, altre compensative.
Oggi ci occuperemo di quelle compensative e cioè di quelle che dobbiamo utilizzare nel momento del capriccio.

Osservare bene è il 50% del lavoro

Per prima cosa bisogna osservare bene le azioni del bambino e i suoi obiettivi. Dobbiamo sempre chiederci se le sue azioni hanno a che fare con noi oppure no. Se il bambino ad esempio butta l’acqua giù sul pavimento dobbiamo capire se lo fa per il piacere di vederci reagire (richiedere attenzione) o solo per vedere il fenomeno fisico naturale dell’acqua che cade. Di solito si capisce subito se lo fa per richiedere attenzione perché in questo caso mentre fa la marachella il suo viso è rivolto verso di noi. Se il bambino capisce che più grandi saranno le marachelle e maggiore attenzione riceverà allora metterà in atto una serie di azioni rivolte a questo scopo, anche se le attenzioni dei genitori nei suoi confronti riguardano un rimprovero severo. Infatti spesso capita che le mamme mi dicano: – Io lo rimprovero, cerco di farlo smettere, quando ci vuole gliele dò però lui non smette, è un continuo. Questo perché per il bambino è più auspicabile un rimprovero e quindi una attenzione da parte del genitore che la sua assenza.

La tecnica dell’estinzione

Per questo motivo la tecnica compensativa dell’estinzione è molto potente perché elimina alla base il rinforzo alla condotta del bambino. In sostanza bisogna ignorare completamente il comportamento del bambino voltandosi dall’altra parte per non farci vedere in viso (il nostro viso è capace di più di 10000 contrazioni muscolari che compaiono e svaniscono in 1/25esimo di secondo formando le cosiddette micro espressioni) per non lasciar trapelare nessuna emozione. È molto più semplice da mettere in pratica quando vi è la presenza di entrambi i genitori (la richiesta di attenzione è di solito rivolta ad uno dei due, così mentre uno ignora, l’altro può osservare e nel caso gestire la situazione).

Quando il bambino fa una marachella che non ha come obiettivo l’attenzione dei genitori un’altra tecnica compensativa è la punizione e si distingue in positiva e negativa.

La tecnica della “punizione positiva”

La positiva consiste nel mettere il bambino in una condizione spiacevole per lui ogni volta che la sua condotta non ci piace. Il bambino assocerà la sua condotta alla risposta del genitore e pian piano modificherà il suo comportamento fino ad attenuarlo o estinguerlo. Ogni volta che un genitore sgrida un bambino sta mettendo in atto questa tecnica, la cosiddetta “lavata di capo”:

  • Non dovrebbe durare più di 1 minuto per evitare che la soglia di attenzione del bambino ci lasci e che non comprenda appieno la situazione
  • Non dovrebbe avvenire di fronte a terzi, per non turbare la sua autostima
  • Bisognerebbe leggere sul viso del bambino le emozioni e calibrare in base ad esse il tono di voce, i gesti, le parole.
  • Utilizzare un tono di voce e una mimica facciale autorevole e decisa ricordando che quello che arriva al ricevente in una comunicazione è costituito dal solo 7% di verbale, il 38% di vocale (toni, timbro, ritmo di voce) e dal 55% di cinesica (gesti, posture, mimica facciale).
  • Riferirsi solo al fatto, senza generalizzare (- Hai fatto il monello piuttosto che – Sei monello)
  • Non cedere di fronte ai pianti, ai lamenti, alla fisicità che a volte può anche essere pericolosa con calci, graffi e pugni.
  • Dopo il rimprovero bisogna essere bravi a “regolare” lo stato d’animo del bambino sorridendo (grazie ai neuroni specchio attiveremo endorfine che allevieranno lo stress nel bambino), verbalizzando (spiegare ancora una volta con calma la nostra posizione e il perché quella condotta sarebbe negativa per il bambino) abbracciandolo (tecnica dell’Holding, un abbraccio contenitivo terapeutico. Parte dell’assunto che il bambino, come ogni essere umano quando è sconvolto da un’emozione he non riesce a controllare trova giovamento da una fisicità contenitiva che poi diventa un gesto di affetto e amore per calmarlo e riportarlo in uno stato emotivamente ottimale)
  • Dopo che il bambino si sia calmato molto importante è mostrare il modello positivo da imitare. Questo darà un senso al rimprovero stesso che senza diventerebbe una mera costrizione e un’affermazione di superiorità da parte del genitore, e quindi di una gerarchia di tipo autoritario.

La tecnica della “punizione negativa”

La punizione negativa è consigliabile solo quando la punizione positiva non sta avendo l’effetto sperato e consiste nel privare il bambino di qualcosa che gli piace subito dopo aver messo in atto la sua condotta spiacevole. Un esempio classico è quando togliamo un gioco a nostro figlio dopo che lui lo ha preso dalle mani ad un altro bambino. Oppure negli asili è molto utilizzata la sedia della riflessione e cioè una sedia in cui si fanno sedere i bambini quando fanno le monellerie in modo da privare i bambini del gioco e fargli capire con calma che quella cosa non si fa.

Il limite di questi approcci

Tutte queste tecniche sono molto potenti ma hanno il limite di non poter sempre essere messe in pratica per via dei diversi contesti in cui viviamo la nostra storia familiare. Vi immaginate una mamma che al parco dopo una marachella di suo figlio apre una sedia che si è portata da casa per farlo stare seduto?

Per questo motivo esistono delle tecniche preventive che vanno ad incidere prima che si verifichi la condotta spiacevole, ma di questo ne parleremo in un prossimo articolo.



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