Giochiamo a mamma e figlio

Le basi e la pratica per giocare 1 a 1.

Se avete già letto il primo articolo introduttivo sapete che in questo progetto mi occuperò del mondo dell’infanzia e del modo in cui relazionarsi con i bambini. Il gioco è per il bambino un atto fondamentale di crescita e in quest’articolo vi darò qualche indicazione che vi guiderà a diventare un compagno di giochi nell’impostazione del tema di gioco e nella relazione col bambino per massimizzare gli apprendimenti facendo leva sulla sua motivazione.

Il momento corretto

Iniziamo a dire che il bambino deve trovarsi in una condizione di disponibilità a interagire con noi e dev’essere quindi dell’umore e dell’attivazione nervosa giusta. Probabilmente se si è appena svegliato, o se è stato da poco a una festa di compleanno dove ha ballato e fatto giochi di movimento, non è una buona idea provare a giocarci con un gioco statico al tavolo.

Preparazione dell’ambiente

Passiamo a preparare l’ambiente di gioco eliminando la competizione sensoriale: mettere da parte i giochi non utilizzati, fuori dal focus visivo del bambino; l’assenza di stimoli video o sonori quali tablet, schermi e pc; limitare la presenza di altre persone quali bambini o adulti che potrebbero essere elemento di disturbo. Tutto ciò contribuisce ad attirare l’attenzione del bambino sul nostro volto, sulle nostre azioni e sulle nostre parole e ad assumere un ruolo centrale nel tema di gioco.

Faccia a Faccia

Le interazioni devono avvenire faccia a faccia, all’altezza del suo sguardo. Sedervi a terra con lui andrà benissimo. I giochi dovranno essere posti tra noi e il bambino, dovranno trovarsi proprio in mezzo. Anche nel caso dei libri questa modalità dà la possibilità di insegnare molto più che con il bimbo in braccio su di noi.

Fatevi trainare dai suoi Sorrisi

Seguiamo l’iniziativa del bambino ogni volta che presenta un comportamento adattivo, appropriato al tema di gioco e rinforziamolo con l’uso di emozioni positive. Sorrisi, tono di voce rassicurante, annuire con il capo faranno capire al bambino che sta procedendo bene. Tutto ciò serve a interiorizzare modalità di gioco adeguate e a facilitare l’apprendimento linguistico e sociale.

Guardiamo e commentiamo con interesse, intervallando parole e suoni.

Il linguaggio

Raccontiamo le azioni dei bambini con un linguaggio adatto al loro sviluppo. Mi è capitato di casi di bimbi con ritardo nel linguaggio il quale problema era l’ostinazione dei genitori a parlare con una velocità e una complessità linguistica richiesta a un adulto.

Di solito un bimbo di 1-2 anni al quale si dice una frase semplice di tre o quattro parole utilizza solo l’ultima per comprendere il concetto, sembra che capisca tutta la frase ma in realtà è stato scoperto che utilizza delle inferenze linguistiche statistiche cioè come quando nel completamento della parola noi pronunciamo la parte iniziale e loro, la completano.

Quindi se voi dite: – Giochiamo con la palla? Il bambino di uno-due anni fa un’analisi delle ultime due parole pronunciate, la palla, e capisce che volete giocarci. Ma se per esempio dite: – Giochiamo a palla più tardi insieme? Il bambino di uno-due anni molto probabilmente non avrà capito cosa gli state chiedendo.

Di sicuro è molto più efficace utilizzare la regola della parola in più: Se il bimbo utilizza due parole noi, ne utilizziamo tre, se ne utilizza uno noi due, se ancora non parla ne utilizziamo uno che riassuma il concetto, la cosiddetta olofrase. Quindi nel caso su citato sarebbe bene dire: – Palla insieme?

Aiuto!

Forniamo aiuto in svariate situazioni e per il raggiungimento degli obiettivi del bambino. Cerchiamo di facilitare le sue azioni. Ad esempio se stiamo costruendo una torre, teniamo fermi i pezzi, se stiamo facendo un puzzle, mettiamo un paio di pezzi noi o aiutiamo fisicamente nell’incastro. Avviciniamo i pezzi, apriamo contenitori, forniamo materiali.

Tocca a me!

Adesso siamo pronti per assumere un ruolo più attivo nel gioco imitando il bambino per provare a farci imitare nelle azioni di gioco convenzionale, giocando con lui, manipolando gli oggetti, alternando il turno e contribuendo così alla condivisione e alla costruzione del tema di gioco. Quest’aspetto è di fondamentale importanza.

Non basta facilitare le azioni del bambino e guardare da semplici spettatori, bisogna avere un ruolo attivo e cooperare assieme nel raggiungimento degli obiettivi di gioco.

Questo li aiuta nei processi d’inclusione e di condivisione nei confronti dei loro pari, i loro compagnetti di asilo. La famosa cooperative learning sempre più richiesta dal mondo del lavoro, lavorare insieme per centrare i goal e i target fissati dall’azienda…

Resta sul pezzo

Per mantenere l’attenzione del bambino focalizzata e aumentare il tempo che passeremo con quel gioco, cerchiamo di modulare l’attivazione nervosa del bambino, i suoi stati emotivi utilizzando il tono di voce e il livello di attività (la velocità con la quale presentiamo i nuovi stimoli e i materiali).

Viva la fantasia, ma occhio…

Elaboriamo le attività tramite la flessibilità proponendo numerosi schemi, temi, variazioni narrative di gioco. Diamo spazio alla fantasia sempre rimanendo però coerenti con lo scopo del gioco e dentro i confini del contesto semantico utilizzando gli oggetti in maniera assolutamente convenzionale.

Ricordiamoci che la fantasia ha questo unico limite. Una padella è una padella e non è una racchetta da ping pong! Ad esempio se stiamo giocando con le macchinine, possiamo inserire un ponte, se stiamo giocando con la plastilina, possiamo inserire vari utensili, se stiamo giocando con le bambole, possiamo variare i temi dalla nanna, al bagnetto, al cambio del pannolino, alla pappa.

Avanti un’altro!

Quando siamo sicuri che abbiamo finito la fantasia, che non riusciamo a insegnare altro, che il bambino dà segnali di disinteresse nonostante le variazioni al tema di gioco, è arrivato il momento di mettere a posto e passare a un gioco successivo.

Come si fa?

Per insegnare ai bambini a mettere a posto vale la regola del pezzo in più. Inizialmente riponiamo tutti i pezzi meno uno nella scatola o contenitore. Quell’unico pezzo lo faremo mettere al bambino così da dargli l’impressione di aver finito l’attività. La volta successiva riporremo tutti i pezzi meno due e così via arrivando al punto di condividere l’attività del mettere a posto con il bambino.

Nessuno si aspetta che il bambino metta a posto in assoluta autonomia, non sarebbe naturale e non sarebbe coerente con il percorso sin qui seguito. Se il bambino non vuole mettere a posto neanche i pochi pezzi che gli diamo, utilizziamo il prompt fisico, aiutiamolo fisicamente mettendogli il pezzo in mano guidandola dentro il contenitore.

Il mettere a posto prima di passare a un altro gioco è molto importante per il bambino e lo abitua a fare una cosa per volta e a farla bene ottimizzando i processi di apprendimento. E’ come se quei giochi lasciati aperti sul pavimento lo disturbino per tutto il tempo in cui è impegnato in altre attività.

E’ un po’ come quando mia moglie ed io partiamo per un viaggio, abbiamo i biglietti, i passaporti, abbiamo le valigie ma lei continua a pensare a quella porta che non ho ancora sistemato. I bimbi sono come noi…dall’ordine materiale deriva l’ordine mentale.

Spero di aver risposto implicitamente alle tante domande che nei vari momenti genitoriali vi ponete e spero ancora di più di avervi stimolato a nuove domande che ovviamente potete fare nei commenti. Alla prossima.



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